La prima parte del libro scorre via piacevolmente, la trama è efficacemente sorretta da una brillante autoironia, che è poi una delle caratteristiche che più apprezzo in Fabio Volo. Nonostante questo romanzo sia stato scritto solo sei anni prima dell'ultimo "Il tempo che vorrei", si percepiscono alcuni tratti un po' acerbi. La seconda parte (che coincide con il riscatto esistenziale del protagonista) è piuttosto noiosa e banale. Prova a cimentarsi con l'introspezione ma a mio avviso ne viene fuori un polpettone scontato e inconcludente che non coinvolgerebbe neanche un adolescente alle prese con le sue crisi di sviluppo. In definitiva il peggiore dei tre libri di Volo che ho letto finora (molto bello "Il tempo che vorrei" e proprio niente male "Un posto nel mondo"), eppure non mi pento di averlo letto. I numerosi spunti di identificazione con l'autore (e con il protagonista) che anche questo volta ho trovato, sono valsi comunque la pena.
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