martedì 24 aprile 2012

La verità è una terra senza sentieri

Potrei non aggiungere altro, lasciare solo il titolo su un post completamente bianco, tanto intenso è il suono di questa semplice affermazione. Dico davvero, il suono, provate a pronunciarla lentamente. Credo che poche altre parole messe insieme producano una tale immediata sensazione di benessere e dispongano l'animo a una condizione di serenità e fiducia. Beh, almeno per me è così.Confesso di non essere uno a cui piacciono frasi e aforismi, li ho sempre trovati un po' presuntuosi e ingannevolmente esaustivi, ma quando mi sono imbattuto in questa frase di Jiddu Krishnamurti, che mi ha aperto interrogativi piuttosto che darmi risposte, mi son detto "ah, ecco quello che mi serviva, da dove posso ripartire!".Una terra senza sentieri, non c'è una strada certa, scontata, già definita e sicura che porti alla verità; c'è la mia strada, ognuno ha la sua strada. La strada che è stata buona per te non è detto che lo sia anche per me, anzi sicuramente non lo è. Oppure i sentieri non ci sono semplicemente perchè nessuno ci è mai arrivato e pertanto non c'è traccia del loro passaggio su quella terra. In entrambi i casi questa verità è un fatto soprattutto personale e di certo vale la pena incamminarsi.Comprendetemi, il momento è particolare. La crisi è conclamata. Le ferite cominciano a diventare feritoie e comincia a passare un po' di luce, un po' d'aria anche. 

martedì 17 aprile 2012

Il fasciatoio nella savana

Mio figlio ha 18 mesi e sebbene sia molto vivace e abbia già sviluppato molte abilità fisiche (salta sui divani, balla e sale sui giocattoli usandoli come scalino), non possiede ancora un gran vocabolario. "Mamma", "papà", "zio", "zia", "nonno", "nonna", "pappa", "cacca", "ciuccio", "ciccia" certo e poi poche altre semplici parole. Sa fare molto bene i versi degli animali, quello sì, anche quelli più difficilotti, tipo il piccione e la rana.
Ieri mattina mentre lo cambiavo sul fasciatoio e lo intrattenevo con il solito repertorio, "Sigla dei Teletubbies"- "I watussi"-"Sigla di Timmy la pecora", mi è squillato il telefonino e, mentre con una mano cercavo di evitare che Samu si buttasse di sotto, con l'altra ho estratto con destrezza il cellulare dalla tasca dei jeans, ho letto rapidamente il nome del chiamante sul display (era Leone, una persona con la quale ho rapporti di lavoro) e ho risposto:
- "Pronto, Leone?"
Immediato l'intervento di mio figlio:
- "ROOAAARRRR!", accompagnando il verso con la tipica zampata da re della foresta.
Ho dovuto allontanare per alcuni secondi il telefono dalla bocca per evitare che il mio interlocutore sentisse la mia risata che pure cercavo di soffocare in un braccio. Solo dopo qualche momento, con le lacrime agli occhi, ho ripreso la conversazione giustificando il silenzio con problemi "di campo".

La fine è il mio inizio

Sebbene sia buona norma leggerlo tutto un libro prima di recensirlo, non è detto che poi si trovi il tempo e allora questo mi sembra il momento giusto, rubo un ritaglio a questo pomeriggio e lo appiccico a mo' di post-it su questo post. Un metapost direbbe mia moglie (che è di là che prepara  un dolce il cui profumo sta mettendo a serio repentaglio la mia tenuta scribacchina). 
Pagina più pagina meno me ne mancano una quarantina alla fine di questo libro di Tiziano Terzani, che poi non è veramente un suo libro ma una pubblicazione postuma di suo figlio Folco, frutto di conversazioni nella casa all'Orsigna dove il giornalista ha trascorso gli ultimi giorni prima che il cancro lo privasse del vivere terreno. 
Un personaggio come Terzani richiederebbe ben più attenzione e spazio di quello che io ho a disposizione e, chissà, magari una volta ne parlerò come si deve, come gli si deve. Mi limito qui a dire che queste conversazioni, questo libro, me lo hanno riproposto per come lo conoscevo e per come me lo immaginavo: un uomo meraviglioso, una di quelle persone che la si vorrebbe come padre, fratello, maestro alle elementari, guida spirituale e compagno di poker nelle giocate natalizie. Un bischero e un saggio al tempo stesso, le cui parole sono soffi d'aria pura ad aprirti i polmoni e la cui stessa esistenza è un esempio di vita "volata" con le ali spiegate, con il coraggio di un uomo che sa ridere delle proprie debolezze, dei propri errori, della morte che è alle porte.
No che non è una recensione, non ne sarei capace, credo.
 E' un omaggio, un piccolo atto di stima, un'amichevole pacca sulla spalla di Tiziano. 
Lo "conobbi" in una delle videointerviste rilasciate a pochi mesi dalla sua scomparsa. Poi le circostanze della vita vollero che mio fratello conoscesse Folco, suo figlio, e che decidessero di condividere un viaggio in India tra gli asceti induisti (su queste esperienze tra i Sadhu Folco Terzani ha scritto e pubblicato da poco il libro "A piedi nudi sulla terra"). 
Come dire, ci giro attorno, scruto questa figura speciale da diverse angolazioni.
Mi piacerebbe, dopo aver terminato il libro, guardare il film che ne è stato tratto, "La fine è il mio inizio" appunto. Poi, a chiudere questa specie di trilogia, il libro di Folco. Vi farò sapere.

martedì 3 aprile 2012

Sono il Buddha sereno sopra il comodino di Jovanotti

Sono il Buddha sereno sopra il comodino di Jovanotti. Da qui, da sopra questo polveroso mobiletto di una camera da letto nel cuore di un paese occidentale, io medito in pace e lascio che tutto il mio essere sia pervaso da una grande serenità. Il tutto è reso ancora più agevole dal fatto che quell'omone alto, magro da fare un po' di ribrezzo e con il brufoli sul sedere frequenta sempre di meno questa stanza. La sua magrezza mi dice che non è sereno, però ecco, non per questo mi pare particolarmente stanco. Fondamentalmente durante il giorno quando non medito osservo. C'è questo tale appeso a una croce, proprio sopra il cuscino, che cerco di non guardare. Ha tutto questo sangue addosso e una tale sofferenza sul volto che rischia di minare la mia calma interiore. No quello non lo sopporto davvero. Dev'essere un antenato dell'omone brufoloso a giudicare dal fisico. Guardo oltre. Ogni tanto m'imbatto in questa cornice sul comò che ritrae una bella donna. Dev'essere sua nonna in una foto da ragazza. Per lo più, però, quando non medito guardo fuori dalla finestra. Ecco questo davvero mi piace.  Si vedono benissimo dei prati e in lontananza alcune colline. Nei giorni soleggiati di primavera è tutto pieno di fiori e allora è davvero un gran peccato che io non possa sentire che odore hanno e come sono al tatto. Peccato, non so come mi è venuta fuori questa parola, non sapevo di conoscerla. Qualcuno in questa stanza sta esercitando i suoi poteri su di me. Sono il Buddha sereno sopra comodino di Jovanotti. Sereno, tollerante e paziente. 

giovedì 29 marzo 2012

Post di metà giornata

Chiamerò questa prima metà della giornata "Discussioni e diversità". Prima una coppia di fidanzati che allontanandosi nelle opposte direzioni si urlavano parolacce di quelle pesanti, poi una coppia di amici maschi su una panchina in merito all'intrusività (o premura, dipende dai diversi punti di vista, i loro) della mamma di uno dei due nella di lui vita.
La coppia di fidanzati l'avevo vista una settimana fa nella stessa zona scambiarsi effusioni su un muretto e ricordo di averli notati per la grande tenerezza ma anche per le loro caratteristiche fisiche: lui di colore e un bel ragazzo, lei piuttosto bruttina, caucasica. Ricordo anche di aver fantasticato sui motivi che li avevano portati a scegliersi e che molto frettolosamente e grossolanamente avevo optato per la storia delle due solitudini che si erano incontrate grazie (o a causa di) alle discriminazioni cui erano sottoposte. Ripensandoci subito dopo mi accorsi che la mia stessa deduzione nascondeva un mio atteggiamento discriminatorio o quantomeno un pregiudizio. Ma gli ho voluto bene subito a quei ragazzi e mi ha fatto male vederli litigare in quel modo stamattina. 
Poi la coppia di amici che discuteva animosamente sulla panchina. Fino a quando non mi è stato del tutto chiaro l'oggetto della loro discussione, avevo dato per certo che stessi assistendo anche in questo caso alle incomprensioni d'amore di una coppia. Chissà, i toni alti, il parlare concitato accompagnato da una pronunciata gestualità, la vicinanza fisica sulla panchina oltre i "canoni" della distanza tra due amici: insomma anche in questo caso il festival dei pregiudizi e dei luoghi comuni. Invece l'invadenza della mamma di uno dei due aveva determinato, a quanto pare, la fine del rapporto del tizio con una donna. Da questo punto in poi ho continuato a seguirli non tanto per il contenuto dei loro scambi quanto, piuttosto, per la passione che due amici stavano mettendo in favore del problema di uno dei due. Mi manca il potermi confrontare così con un amico, ma questa è un'altra storia che non racconterò ora e che non so se racconterò mai.
La cosa sensazionale (almeno ai miei occhi) che emerge da questi due episodi è il mio pregiudizio! Io, Morrison, progressista, pacifista, sufficientemente di sinistra, che scopre di avere dei semini discriminatori sparsi da qualche parte nella sua persona. Inaccettabile. Chiamerò questa seconda parte della mia giornata "Tolleranza". Anzi no, chiamerò il pomeriggio "Gay pride" e la sera "Radici". Sto peggiorando la mia posizione lo so. Peace!

martedì 20 marzo 2012

Peace!

L'ultima volta che ho scritto su questo blog è stato per raccontare il mio vissuto e il mio rapporto con i concerti di Jovanotti. Poi sotto quel palco ci è morto un ragazzo. Meno risonanza ha avuto un incidente analogo, qualche giorno fa, durante l'allestimento di un concerto di Laura Pausini. Ci si abitua anche alle morti violente da crollo di palco. Ho messo in cantiere alcuni nuovi progetti e l'ho fatto in una fase piuttosto difficile, tempestosa, della mia vita recente. L'averlo fatto proprio ora, quando tutto o almeno un bel po' di cose sembrano andare a puttane mi da una sensazione positiva, quasi eroica, che mi regala una buona dose di incoscienza e di carica. E se penso ad esperienze del passato, quando carica e incoscienza vanno a braccetto possono portare a grandi imprese o a immensi disastri. Ma ora non comando io, comanda questa parte di me che mi sta guidando ed è bene che la lasci fare. Mi piace scrivere. Proprio non capisco perchè a volte me ne dimentico. Peace!

sabato 10 dicembre 2011

Questa è la mia casa

Assistere a un concerto di Jova è un po' come tornare a casa, scaldarsi un paio d'ore davanti al caminetto prima di uscire di nuovo al freddo delle mille cose da portare a termine. Le ritrovo lì le facce familiari, sempre diverse, sempre le stesse, strane, di una bellezza un po' disarmante. Ci si sistema in cerchio e ci si racconta. Lorenzo, al centro, è solo un punto di snodo, un moderatore, il crossroads umano delle nostre storie. Lui le ascolta, le interpreta e poi le reinterpreta restituendocele più belle, aggiungendo un pizzico di sale. Roma, 6 Dicembre 2011: un'altra tappa da cui ricominciare.